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Giovanni Philippone

Giovanni Philippone nasce in Sicilia, a San Giovanni Gemini (Agrigento), nel 1922. Primo di cinque figli, padre commerciante, gode di un benessere economico fino al 1926, anno in cui a causa di un provvedimento economico detto “quota novanta”che causò il fallimento delle ditte che avevano rapporti economici con 1'estero, la famiglia si ritrovò in serie difficoltà.Frequenta il ginnasio in collegio dai Gesuiti a Pedarae li matura 1'interesse per le materie artistiche e la decisione di iscriversi cl liceo artistico di Palermo, dove otterràil diploma nel 1942. Tra i suoi compagni di liceo, che sarannopoi anche compagni di Accademia a Palermo: A. Sanfilippo, C. Accardi, U. Attardi e P. Consagra. Sono anni poveri di risorse economiche (mancava la carta su cui disegnare, figuriamoci i colori!): molti disegni di quegli anni sono fatti sul retro delle tessere annonarie. Ma sono gli anni più ricchi di entusiasmo, di idee, di scambi culturali con gli amici e compagni di Accademia. Ne rimangono a testimonianza numerosi carteggi. La pittura di quegli anni di guerra, più che di pittura si può parlare di grafica, trattandosi prevalentemente di disegni e schizzi, parla di luoghi domestici, di scene familiari, di madri e sorelle intente in quelli che sono semplici gesti del quotidiano; di contadini e giovani pastorelli colti nei momenti e nelle pause di lavoro. Il tutto con un tratto semplice, deciso, essenziale. È durante gli anni della guerra e a seguito dei suoi disastri che si fa strada in lui la necessita di unire gli ideali religiosi con i quali era stato cresciuto ed educato a quelli politici di una sinistra che auspicava un mondo senza prevaricazioni. Per tutta la vite oscillerà tra questi due poli: da una parte una religiosità senza schemi nè dogmi, ma vissuta interiormente, e dall'altra l'anelito alla costruzione di un mondo migliore dove l'uomo, artefice del proprio destino, si ritrovi protagonista e consapevole delle proprie scelte. Nel 1946 si trasferisce a Milano dove frequenta l'ultimo anno di Accodemia e ottiene il diploma. È l'anno della diaspora del gruppo di amici che per anni avevano condiviso idee, amore per l'arte, fame e sogni. Infatti Sanfilippo e Accardi si trasferiscono a Firenze, Consagra e Attardi a Roma. E da li hanno inizio le diverse storie personali e i diversi percorsi artistici. Sempre nel 1946, realizza per il municipio del suo paese, a cui periodicamente fa ritorno, un enorme affresco che rappresenta una scena campestre. Il tema del lavoro nei campi sarà un tema costante nella sua pittura, che sta a sottolineare in che modo un artista si ponga nei riguardi della realtà sociale. A questo proposito nel corso di un'intervista Philippone ebbe a dichiarare: “un artista rimane sempre legato alla sua terra, al paese natale, e il proprio paese non è solo la natura, ma gli uomini con i loro problemi, le loro ansie e aspirazioni e con la loro a volte inconsapevole visione poetica del mondo. Nel 1948 sempre per il suo paese affresca l'abside e dipinge le tele della volta della chiesa della Madonna del Carmelo. Ancora nel '48, ritornato al nord, si trasferisce per circa un anno a Monte Olimpo (Coma) nella casa dei fratelli Picardo. Qui ogni componente si occupava di diverse forme di arte, arte applicata, artigianato artistico, che andavano dalla musica alla fotografia, alla creazione di fumetti, alla progettazione di arredi domestici ecc…Nel 1950, il desiderio di essere al centro dei dibattiti culturali dell’epoca, desiderio che lo aveva spinto ad uscire dai confini della sua isola, lo conduce a Parigi, dove rimarrà per un anno frequentando l’Accadémie des Beaux-Arts sotto la guida, di Léger. Al suo ritorno in Italia, si stabilisce definitivamente a Milano nel 1952, periodo nel quale ferveva la polemica fra “figurativo”e “astratto”. Philippone scelse il linguaggio figurativo anche se dall’esperienza astratta mantenne e conservò alcuni principi come quello dell’equilibrio compositivo. È del 1953 il manifesto sottoscritto, in occasione della mostra alla Bergamini insieme a A. Chighine, A. Garau, G. Paganin, G. Traverso sui principi di un rinnovamento della nostra pittura.Il suo percorso artistico non subì scossoni o virate di tendenza, ma all’interno del discorso figurativo la maturazione del suo linguaggio rimase fedele ai suoi temi. In questa coerenza tematica si inseriscono sperimentazioni con altri materiali quali il vetro, la ceramica e perfezionamento della tecnica dell’incisione recuperando e rielaborando le antiche metodologie che furono dei grandi maestri, attualizzandole e appropriandosene. Nel1960 espone al Salon de l'Art libre (Palais des Beaux Arts di Parigi). Nel 1961 sposa Dora Damen, figlia di Onorato Damen, fondatore con A. Bordighera nel 1921 del Partito Comunista d’Italia, dopo la scissione di Livorno. Nel 1964 espone alla Galleria Burdekedi Zurigo e in quella occasione il critico Titta Rosa riscontrò analogie nella pittura di Philippone con il mondo di Verga e di Pirandello. Nello stesso anno tiene una personale nell'Atelier Monpti di Monaco di Baviera. La sua ricca attività espositiva si conclude nel 1986. Da quel momento si è dedicato alla realizzazione di tele e bozzetti commissionatigli per chiese e cappelle in Sicilia. La Cena di Emmaus e il discorso delle beatitudini nella Cappella del SS. Sacramento (chiesa madre di S. Giov.Gemini); L’ultima Cena e La moltiplicazione del pane e dei pesci (abside della Chiesa di Santa Lucia a San Giov.Gemini). Fu questo una sorta di ritorno ideale alla sua terra e ai temi e ai ricordi della sua infanzia. Figure bibliche e di santi sono infatti rappresentati sulloFu questo una sorta di ritorno ideale alla sua terra eai temi e ai ricordi della sua infanzia. Figure bibliche e di santi sono infatti rappresentati sullo sfondo di paesaggi conosciuti, o in interni di stampo contadino; la rappresentazione sacra e il quotidiano si fondono in un insieme armonico.

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